Previdenza complementare, guida utile: cos’è e come funziona

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Aggiornato: 22/05/2023, 09:17 pm

Giulia Adonopoulos
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Tra gli strumenti di risparmio di lungo periodo troviamo la previdenza complementare, un espediente che permette di colmare la differenza tra ultimo reddito lavorativo e pensione di base. I lavoratori che decidono di investire i propri soldi in un fondo di previdenza complementare devono però comprendere bene come funziona, che tipo di tassazione si applica e soprattutto qual è il miglior fondo pensione in base alle proprie esigenze.

Questo strumento di risparmio si è reso necessario in Italia a partire dagli anni ‘90, quando il sistema pensionistico di base è stato modificato. L’aumento medio della vita e il rallentamento della crescita economica hanno reso necessaria una revisione del sistema con un innalzamento dell’età richiesta per la pensione e una revisione delle modalità di calcolo dell’assegno. Elementi che negli ultimi decenni hanno portato molti lavoratori ad aderire a forme di pensione integrativa per riuscire ad avere un’entrata adeguata al proprio stile di vita anche una volta usciti dal mondo del lavoro.

Questa guida nasce proprio per spiegare come funziona la previdenza complementare e chiarire i dubbi su tipologie e caratteristiche dei fondi pensione.

Cos’è la previdenza complementare

La previdenza complementare è uno strumento di risparmio che viene disciplinato dal D.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252 e che si affianca alla pensione di base obbligatoria, andandola quindi a integrare.

Il lavoratore, per aderire a un fondo di previdenza complementare, dovrà versare dei contributi (come avviene per la pensione di base) nel fondo da lui selezionato. Il fondo in questione utilizzerà poi il denaro raccolto dai vari iscritti investendo sui mercati finanziari, per riuscire a ottenere dei proventi. Sebbene vi siano delle regole molto rigide per la gestione del risparmio dei fondi, non trattandosi di investimenti speculativi, è comunque importante scegliere una proposta solida e sicura, che permetta di ottenere poi una buona pensione integrativa idonea una volta che si sarà conclusa la carriera lavorativa.

Ma a quanto ammonta la pensione complementare? La somma dipenderà dai contributi versati e dal periodo in cui questo versamento sarà effettuato. Indipendentemente da questo, però, chi aderisce a un fondo di pensione complementare ha diritto a una serie di agevolazioni fiscali, riconosciute anche per i familiari a carico.

Come aderire alla previdenza complementare

L’adesione a un fondo di previdenza complementare è del tutto volontario e non si è obbligati a sottoscriverne uno. Nel caso si volesse aprire una posizione, è bene sapere che alcuni contratti collettivi e aziende prevedono un fondo già selezionato a cui poter aderire e una misura di contribuzione minima. In questi casi se si è lavoratori dipendenti si può beneficiare anche del contributo del proprio datore di lavoro. Mensilmente, annualmente o in base agli accordi presi, il fondo riceverà quindi una quota di contributi da parte del lavoratore e una da parte dell’azienda per il dipendente.

Un dubbio che in molti si pongono riguarda la possibilità di destinare anche il TFR al fondo pensione. Nel momento in cui si cambia azienda o si entra per la prima volta nel mondo del lavoro, entro 6 mesi dall’assunzione viene chiesto al dipendente di indicare la destinazione del proprio TFR (trattamento di fine rapporto). In questa occasione si può quindi decidere se tenere i soldi in azienda oppure se destinare il denaro a un fondo pensione, che può essere scelto dal dipendente oppure è quello previsto dal contratto nazionale o da accordi aziendali. Nel caso in cui non venisse indicata una scelta, il TFR verrà automaticamente destinato alla forma di previdenza complementare prevista dal contratto o dall’azienda.

Per aderire a un fondo di previdenza complementare è sufficiente recarsi presso la sede della banca o dell’assicurazione che lo ha istituito e chiedere di aprire una posizione, presentando la documentazione richiesta. Se invece si tratta di un fondo pensione negoziale o preesistente, l’adesione può avvenire anche presso l’azienda presso cui si lavora, oltre che nella sede del fondo e presso i patronati e i sindacati che hanno sottoscritto gli accordi.

Aderire a un fondo pensione significa versare un contributo (annuo, mensile o con scadenza in base agli accordi) che, volendo, può essere anche scalato automaticamente dalla busta paga. Si potrà inoltre decidere se destinare del tutto o in parte il TFR al fondo pensione che si è selezionato.

Tipi di fondi pensione

Esistono diverse tipologie di fondi pensione tra cui scegliere, di cui ora andremo a conoscere meglio le caratteristiche.

  • Fondi pensione negoziali o chiusi: si tratta di forme di pensione integrativa che vengono create nell’ambito della contrattazione collettiva, sia nazionale che aziendale. In questa categoria sono da collocare anche i fondi pensione “territoriali”, cioè creati sulla base di accordi tra lavoratori di un preciso territorio e datori di lavoro. Solamente alcune categorie di lavoratori hanno quindi accesso a questi fondi per la pensione complementare.
  • Fondi pensione aperti: questa tipologia viene invece creata da banche, enti assicurativi, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM). A questa categoria si può aderire sia individualmente che come azienda. Questo tipo di fondi, come suggerisce il nome stesso, è aperta a tutti. Possono iscriversi i lavoratori di ogni settore, ma anche le persone fiscalmente a carico.
  • Fondi pensione preesistenti: si tratta di forme di pensione complementare istituite prima del decreto legislativo 124 del 1993, che per la prima volta introdusse questo tipo di proposta di risparmio per i lavoratori.
  • Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP): si tratta di forme per la pensione complementare create da enti assicurativi, che possono raccogliere le sottoscrizioni su base individuale.

Quando conviene la previdenza complementare

Il fondo pensione è un ottimo strumento di risparmio a lungo termine che permette di far fruttare i propri soldi e di poterne godere in futuro. Risulta, però, più vantaggioso nel momento in cui la propria azienda o il proprio contratto collettivo prevede un fondo di riferimento.

Come abbiamo visto, infatti, in questi casi sia il lavoratore che il datore di lavoro versano la propria parte, secondo quanto stabilito dagli accordi. Questa forma di risparmio diventa, quindi, un ottimo modo per garantirsi una pensione integrativa grazie anche al contributo aggiuntivo dell’azienda.

L’adesione a un fondo di previdenza complementare risulta molto conveniente anche sul piano fiscale, dal momento che è previsto un regime di detrazioni agevolato. Chi è iscritto a un fondo pensione può infatti richiedere la deducibilità fiscale dei soldi versati per un massimo di 5.164,57 euro ogni anno. Ciò può avvenire anche per coloro che hanno familiari a carico e quindi, per fare un esempio, chi ha figli può versare i contributi anche per loro e beneficiare così dei vantaggi fiscali.

Qual è il miglior fondo di previdenza complementare?

Quando si decide di aderire a un fondo di pensione complementare la scelta della migliore proposta sul mercato può essere ardua. Esattamente come accade con altri prodotti finanziari come mutui, conto corrente o conto deposito, anche per i fondi pensione non esiste il migliore in assoluto. Difatti la scelta del miglior fondo pensione non può prescindere dalle esigenze personali e specifiche di ogni lavoratore, e soprattutto dagli obiettivi per la propria previdenza complementare.

Per scegliere il fondo di previdenza complementare più adatto alle tue esigenze è bene valutare con accuratezza i diversi comparti di gestione, ossia la struttura del fondo che si sta analizzando. I fondi pensione esistenti si differenziano, infatti, per grado di rischio e rendimento, stabilito sui comparti da cui il fondo è creato.

Valutare la tua propensione al rischio, l’orizzonte temporale che ti separa dalla pensione e il tipo di contributo che puoi versare al fondo è il primo passo per riuscire ad analizzare le varie proposte e trovare la migliore sul mercato.

In Italia in base ai dati della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione si può vedere che i lavoratori preferiscono i fondi negoziali che registrano un aumento di 278.000 posizioni rispetto al 2021 (dati settembre 2022), per un totale a fine settembre di 3,735 milioni di investimenti.

Previdenza complementare: pro e contro

In base ai dati della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, la previdenza complementare registra un incremento di iscritti con 410.000 nuove posizioni rispetto alla fine del 2021 (dati aggiornati a settembre 2022), un dato che mostra un’attenzione crescente verso questa forma di risparmio da parte dei lavoratori italiani.

Il maggiore interesse deriva non solo dalla possibilità di avere una seconda entrata, oltre le pensione di base, ma anche dai tanti vantaggi offerti, tra cui quelli fiscali.

Avendo compreso meglio quali sono le caratteristiche dei fondi di previdenza complementare e come funzionano, andiamo ora ad analizzare nel dettaglio pro e contro di questo strumento.

I vantaggi della previdenza complementare

La pensione integrativa o complementare, come abbiamo accennato, ha il principale vantaggio di colmare il gap previdenziale che si crea nel momento di conclusione della propria vita lavorativa. Grazie a questo strumento è infatti possibile mantenere uno stile di vita simile a quello del periodo lavorativo, senza quindi fare rinunce.

Inoltre i fondi pensione permettono di accedere a un regime fiscale vantaggioso in fase di contribuzione. I contributi versati al proprio fondo pensione, compresi quelli per i familiari a carico, sono deducibili dal reddito imponibile per un massimo di 5.164,57 euro l’anno.

Ma anche per quanto riguarda la tassazione il fondo pensione ha dei vantaggi dal momento che nel momento di liquidazione viene applicata una tassa del 15%, che decresce, in base agli anni di adesione al fondo, fino ad arrivare al 9%. Se invece il TFR viene lasciato in azienda la tassazione che viene applicata al momento della liquidazione è pari al 23%.

Altro vantaggio da non sottovalutare è la possibilità di avere dopo 5 anni di contribuzione, nel caso si voglia, il 50% della cifra versata. È inoltre possibile richiedere, in ogni momento, il 30% del proprio capitale per sostenere spese sanitarie, per la ristrutturazione di un immobile o per l’acquisto della prima casa (come previsto dall’art. 31 legge 457/1978). I soldi che si versano quindi possono essere utilizzati anche prima del pensionamento, in caso di necessità.

Infine se il 70% della rendita vitalizia derivante dal capitale acconatonato negli anni non supera la metà dell’assegno sociale erogato dall’INPS, è possibile ottenere la restituzione totale del capitale, usufruendo e avendo usufruito comunque dei vantaggi fiscali.

Non dimentichiamoci inoltre che per i lavoratori dipendenti con un contratto che prevede un fondo, una quota dei contributi viene versata dall’azienda. Un ulteriore pro da valutare nel caso in cui ci si trovi in questa condizione.

I rischi della previdenza complementare

Ovviamente per prendere una decisione consapevole, è importante considerare anche gli svantaggi del fondo di pensione complementare. Tra i punti di debolezza troviamo i vincoli di durata, dal momento che si tratta di un investimento sul lungo periodo, che richiede una disponibilità costante di contributi da versare per molti anni, prima di vedere dei reali vantaggi.

Un altro svantaggio di cui si deve tenere conto è il vincolo di prelevamento del capitale a scadenza, che se superiore alla metà dell’assegno sociale dell’INPS non può essere richiesto con una sola liquidazione.

Uno svantaggio che però dal 2017 si può aggirare in caso di anticipo pensionistico RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), che permette il prelevamento dell’intero importo, con rate mensili, in un lasso di tempo che va dai pochi mesi a un massimo di 5 anni.

È bene ricordare infatti che iscrivendosi ad una forma pensionistica complementare si ha diritto per legge a:

  • avere l’anticipo della posizione individuale maturata;
  • richiedere il trasferimento presso un altro fondo;
  • chiedere il riscatto.

Non sarà quindi possibile avere immediatamente tutta la cifra in una sola soluzione, ma si potranno ottenere delle rate molto ravvicinate.

Domande frequenti

Dove va inserita la previdenza complementare nel 730?

I contributi versati per un fondo di previdenza complementare godono di un regime fiscale agevolato che li rende deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo di 5.164,57 euro ogni anno. Questi contributi nel modello del 730 andranno quindi indicati nel quadro E o nel quadro RP del Modello Redditi PF. Per i lavoratori di prima occupazione questi contributi dovranno essere indicati nel rigo E28, mentre per gli altri lavoratori il rigo di riferimento è l’E27.

Quanto è tassata la previdenza complementare?

I rendimenti ottenuti dal fondo di previdenza integrativa vengono tassati al 20%, un’aliquota più favorevole di quella prevista da molte altre forme di investimento (solitamente si aggira sul 26%).

Quanto versare per la previdenza complementare?

Non vi è una quota fissa e uguale da versare, i fondi stabiliscono un contributo minimo che può poi essere aumentato dal lavoratore. Quanto versare sarà quindi una scelta del lavoratore, che valuterà le proprie spese e stabilirà se aumentare il contributo da destinare al fondo. Si potrà anche decidere se versare i soldi a cadenza mensile, annuale o altro.

Come funziona un fondo pensione complementare?

Un fondo pensione complementare funziona tramite capitalizzazione. Ciò significa che i contributi che vengono versati sono destinati ad aprire una posizione dell’iscritto a cui poi si sommano i rendimento ottenuti dal fondo. Si possono scegliere diverse linee di investimento (chiamate comparti), che variano in base al profilo di rischio e alla frequenza della contribuzione.

Le forme pensionistiche complementari devono comunque rispettare delle rigide regole di prudenza per legge. Queste norme tengono conto della finalità previdenziale e non speculativa dell’investimento che viene effettuato dal lavoratore.

Conviene destinare il TFR alla previdenza complementare?

Destinare il proprio TRF alla previdenza complementare è vantaggioso principalmente per il regime fiscale applicato. Il TFR, se lasciato in azienda, al momento della liquidazione prevede una tassazione del 23%, mentre in un fondo pensione si ottiene una tassazione agevolata.

Inoltre, destinando il proprio TFR ad un fondo di previdenza complementare si ha l’opportunità di far fruttare i propri soldi, grazie alla linea di investimento seguita dal fondo. Un modo quindi per investire il denaro e far maturare degli interessi.

Quanto si paga un fondo pensione?

Non vi è una quota di contribuzione identica per ogni lavoratore e fondo. Ogni fondo di previdenza complementare propone una cifra minima da versare al lavoratore, sotto la quale non è possibile andare. Se invece il lavoratore vorrà accrescere la propria posizione, sarà libero di versare un contributo maggiore per ottenere in futuro una rendita più cospicua.

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